de-genere

2011/06/16

se voglio scrivere di qualcosa devo essere compiacente con gli accadimenti, scendere a compromessi con il fatto che, per essere raccontati, gli eventi hanno bisogno di essere decantati. non scrivo sull’onda d’emozione, d’impeto, calcando il passo sulla scia del momento. ci devo pensare, devo lasciar sbattere l’idea da un lobo all’altro del cervello, farla trasalire dal cuore, su per l’esofago e rigurgitarla dalle mani solo se digerita, quantomeno borfa di succhi gastrici che l’hanno aggredita tentando di decomporla.

che cazzo ci mettono gli scienziati sopra i vetrini per vedere i mostri? il prodigio starà nelle lenti o negli occhi?

non attendo mai troppo per pensare a qualcosa di cui potrei scrivere. aperta la bottiglia è il vino che si deve ossigenare non la stanza che deve impregnarsi. non lascio passare quel tempo che fa assumere agli eventi i tratti dell’elaborazione, buona la prima (al massimo la seconda se l’interpretazione meritava un bis), ho detto no alla spiegazione di tipo giustificatrice, vado a braccetto con la lettura senza fronzoli.

viviamo in un mondo di decimali, dove un 0, ci incula e dove i numeri primi hanno un peso specifico simile alla storia degli antichi egizi menata alle elementari.

scrivo perchè: non ho tempo, voglio dare un senso confuso alle idee soldatino incastrate nella baraonda quotidiana, ho l’acqua alla gola di chi sa non poter bere e scrivere di tutto il mare, ho il terrore di darmi ragione per parole volate in aria. un frontale ben riuscito è quello che puoi raccontare.

oggi. ore otto e trenta. come ogni volta che guardo l’orologio ho il terrore di essere in ritardo. accendo la moto, per farla uscire dal mio personalissimo parcheggio devo superare una fila di bucato appena steso, respiro il profumo del sapone da discount della mia vicina romena, inforco un paio di curve, mi sorpassa un tipo che crede di essere splendido senza aver fatto nulla per meritare il titolo, allora penso “vieni a conquistarlo”, scalo, lo faccio assalire da un dubbio poco amletico “sarà maschio o femmina?” fino a quando la mia quarta sul misto gli da la risposta che meno gradisce: “stronza”, tiro dritto fino alla mia meta, tolgo il casco, do una botta ai ricci per stemprarli, lui “ti volevo dire che hai una bella moto” io “beh, da dietro non è un gran che e comunque, t’ho concesso l’attenuante solo perchè hai una moto i cui pezzi di ricambio costano come un rene”, il silenzio, grazie a dio si è ricreduto sulle sue qualità.

2 Risposte to “de-genere”

  1. obliquità said

    Rimane la verità di una curva dietro la quale una macchina giapponese sta facendo inversione …. è una frazione, di secondo o di paese, e capisci che non ce la farai, provi a scalare ma il cardano si imbizzarisce, la ruota posteriore parte e ti infili sotto. Il coma viene ad anestitizzare il dolore, non quello fisico, ma quello dei coglioni che vengono li a ricordade il pericolo di andare in moto. Io ci andrò sempre, fatemi risvegliare e ci risalirò

  2. modestino said

    come hai fatto a capire che era una bmw quella che guidava il coglione?

Lascia un commento